Nel corso del fine settimana appena trascorso il comune di Gallarate (VA) ha presentato un brevissimo manualetto di buone pratiche per la sicurezza di chi si muove in bicicletta. Le 10 soluzioni proposte sono la solitaaccozzaglia di banalità e luoghi comuni che si incontrano sui social a proposito di chi va in bicicletta e che chiedono comportamenti virtuosi a chi pedala per riuscire a portare a casa la pelle ogni volta.
I 10 consigli sono stati tradotti anche in forma grafica e trasformati in altrettanti cartelli stradali appesi, poi, in giro per la città del varesotto.
Li potete ammirare in tutto il loro splendore qui sotto:

I consigli sono sempre gli stessi: mettiti il casco, renditi visibile, tieni le mani sul manubrio, etc. Ma non mancano neppure alcune perle che esortano a fare attenzione quando si sorpassano le auto o a fare attenzione alle portiere che si aprono all’improvviso, per non parlare alla general generica attenzione alle rotonde, vera passione della pianificazione stradale della provincia lombarda, senza però spiegare come comportarsi in quelle circostanze.
Ma fin qui tutto bene: possiamo derubricare la cosa come un ordinario caso di mancanza di visione della giunta gallaratese (a Gallarate si verifica un morto in bicicletta ogni 75 giorni, 5 all’anno, esattamente come a Milano, ma con una popolazione di 24 volte inferiore) che non è in grado di mettere in relazione cause ed effetti, ma la cosa assume i contorni della farsa nel momento in cui si apprende che i 10 consigli per chi pedala sono stati realizzati con il contributo dell’ex campione di ciclismo Ivan Basso che ha prestato la propria faccia a questa operazione.
A pensar male si potrebbe ipotizzare che Basso possa avere acconsentito a sottoscrivere un decalogo tanto bislacco in cambio di qualche non meglio precisato ritorno, ma poi basta dare un’occhiata alle cronache locali per scorgere poco rassicuranti dichiarazioni da parte dell’ex maglia rosa in cui sostiene cose del tipo “Fare delle piste ciclabili ha un costo non indifferente, […] per questo il primo passo è far andare le persone in bicicletta in strada, facendo loro capire che non è impossibile”. E ancora, “non sono convinto che una città ben servita da corsie ciclopedonali sia una città dove la gente utilizza questo tipo di mezzo di trasporto. Piuttosto, è più vero il contrario, laddove i ciclisti sono numerosi, è giusto fare delle corsie dedicate“.

E quindi ecco a venire a cadere l’ipotesi della malafede che, invece, lascia aperta la strada della semplice ottusità: Basso parla di cose che non conosce e, forte di un palmares che racconta di gambe ben più ossigenate del cervello, dà fiato alla bocca senza essersi curato di conoscere o approfondire un fenomeno tanto complesso come quello della sicurezza stradale.
Perché, parliamoci chiaro, Ivan Basso non è certo un premio nobel.
Ivan Basso è uno di quelli che, mentre i più grandi esperti di sicurezza stradale, urbanistica, ingegneria del traffico e materie affini erano a scuola chini sui libri per mettere insieme conoscenze e competenze, lui passava le giornate in sella fissando il copertoncino della ruota davanti a sè e si inventava modi per sviluppare più watt possibili, per migliorare la velocità ascensionale media e spingere forte sui pedali per arrivare a braccia alzate davanti al traguardo.

Ivan Basso è uno che, mentre i suoi coetanei che oggi si occupano di pianificazione viaria si confrontavano con le più avanzate teorie di psicologia del traffico e ragionavano in termini di velocità strutturale delle infrastrutture, cercava di raggranellare 70 mila euro per pagare Fuentes, il Dottor Doping, per riuscire a vincere il Tour de France e che per questo si è beccato una squalifica di 2 anni.
Insomma, Ivan Basso è una persona con un fisico e una volontà straordinari, ma è anche una persona che ha dimostrato in più di un’occasione di avere qualche problema di giudizio nel riuscire a distinguere cosa è bene e cosa no e che, dopo essersi fatto abbindolare dalle cattive compagnie, oggi si lascia strumentalizzare da miopi politici di provincia a caccia di legittimazione e visibilità.
Fa veramente una tristezza infinita vedere un così grande campione precipitare in pochi anni dalla prima pagina della Gazzetta dello Sport a una paginetta interna di un quotidiano della Provincia di Varese. Ma un grande campione lo si riconosce da come vince, da come perde e da come si comporta una volta ritiratosi dalle corse: c’è chi fonda aziende di bici, c’è chi apre negozi, chi presta il proprio volto per attività di beneficenza, c’è chi si mette a produrre vino e chi finisce a fare il bimbominkia da social media.
E chissà quale delle 10 perle inanellate da Ivan Basso avrebbero potuto salvare la vita di Michele Scarponi, scomparso lo scorso aprile.
Articolo scritto da Paolo Pinzuti per bikeitalia.it